Tra i tesori più autentici e meno conosciuti dell’agricoltura italiana, le pere della Sardegna rappresentano un vero patrimonio di biodiversità.
In questa terra dal carattere forte e indipendente, la frutticoltura ha seguito un’evoluzione unica, mantenendo vive varietà antiche e rustiche, perfettamente adattate al clima e al territorio dell’isola.
Da secoli, queste pere vengono coltivate secondo tradizioni che si tramandano di generazione in generazione, offrendo non solo sapori autentici, ma anche importanti benefici nutrizionali.
Scopriamo ora come la frutta italiana, con la sua straordinaria varietà, gioca un ruolo chiave nella nostra alimentazione e nella sostenibilità ambientale.



La biodiversità della frutta italiana: un tesoro di sapori e tradizioni
Dai mirtilli alle mele trentine, dai limoni campani alle mandorle, dai cedri ai fichi d’india siciliani. Una biodiversità che nel nostro paese racconta storie, tradizioni e legami millenari, aprendo percorsi di benessere all’interno di una dieta equilibrata e di stagione. Buona e sostenibile anche per l’ambiente.
L’Italia, lo sappiamo, è l’unico Paese al mondo con oltre 5500 prodotti alimentari tradizionali censiti e 326 prodotti riconosciuti con la DOP (Denominazione di Origine Protetta), l’IGP (Indicazione Geografica Protetta) o la STG (Specialità Tradizionale Garantita) nel settore agroalimentare. Una varietà che ci proietta al vertice in Europa per numero di prodotti a indicazione geografica e che racconta di una biodiversità eccellente in tutte le tipologie di alimenti, senza mancare di esprimersi nella frutta.
Perché per i quasi 60 milioni di tonnellate di frutta e verdura raccolte in Europa nel 2022 con un valore di 68 miliardi di euro, infatti, i due Paesi che hanno fatto la parte del leone secondo i dati Eurostat sono stati la Spagna e, appunto, l’Italia.
Con le sue regioni climaticamente diverse, il nostro Paese offre senza dubbio una varietà di frutti che si adattano ai diversi terreni e alle differenti temperature: dalle nevi delle Alpi alle calde spiagge siciliane, ogni regione vanta specialità uniche nel settore della frutta che riflettono la ricchezza del patrimonio italiano.
Castagne, noci e fragole, ma anche limoni, fichi e uva da tavola: la frutta, assieme agli ortaggi, occupa anche il posto principale nella Dieta Mediterranea che indica come riferimento primario proprio il consumo di alimenti di origine vegetale.
Mangiare frutta, anche secca e ortaggi garantisce, infatti, un valido apporto di sostanze nutrienti come le vitamine e i minerali, riducendo al contempo l’apporto calorico proprio perché contengono acqua e fibra che contribuiscono a conferire al nostro organismo un effetto saziante.
Inoltre, la frutta è un valido contributo per rompere la fame a partire dalla prima colazione, come negli spuntini fuori pasto. L’importante è, anche, considerare la stagionalità di questo alimento che regala d’estate come d’inverno tante possibilità di scelta.
Durante i mesi freddi, ad esempio, arance e mandarini illuminano le tavole con il loro colore vivace e il gusto ricco di vitamina C, ottimi per combattere raffreddori e influenze. Senza dimenticare i kiwi, i cachi e i mandarini, versatili e nutrienti.
La primavera in Italia saluta l’arrivo di frutti freschi e succosi, segnando il risveglio della natura. Le fragole diventano le protagoniste delle tavole, amate per il loro sapore dolce mentre gli alberi di ciliegie iniziano a colorarsi di rosso e pesche e albicocche fanno la loro comparsa portando dolcezza e nutrimento.
Poi, ecco l’estate italiana, un vero e proprio trionfo di sapori e colori, grazie alla varietà di frutti come meloni e angurie che diventano i veri protagonisti delle giornate calde offrendo freschezza e idratazione grazie al loro elevato contenuto d’acqua. I fichi, dolci e nutrienti, le pesche e le nespole, con la loro polpa succosa e aromatica, contribuiscono in questa stagione a rendere la dieta più varia e piacevole, portando con loro i sapori e i colori dell’estate italiana.
Ecco, quindi, a voi un viaggio nella ricchezza e nella biodiversità alimentare del nostro Paese per promuovere e sostenere il benessere della frutta e il suo consumo stagionale così importante anche per la salute del nostro pianeta.
LE INCREDIBILI PERE DELLA SARDEGNA
Il territorio aspro e selvaggio (o meglio selvatico) della Sardegna riflette una moltitudine di colori, odori e sapori, sia esso costiero o montano (per quanto l’anima autentica e tradizionale di questa terra si trovi nell’entroterra rurale più che nei pressi delle – comunque bramatissime – coste dal mare variopinto e cristallino).
Anche per via del suo isolamento, della distanza con il “continente”, come i sardi chiamano il resto del Paese, questa regione non importa quasi nulla da fuori: si accontenta – per usare un eufemismo – dei numerosi e prelibati prodotti ortofrutticoli che la contraddistinguono. Vista la marcata impronta ancestrale che ancora oggi caratterizza quest’isola, può sembrare quasi scontato parlare di uno dei frutti tra i più antichi che il territorio italiano offre (e di cui è il maggior produttore europeo) – ovvero la pera –, ma in Sardegna ne esistono alcune specie autoctone che rientrano a pieno titolo tra le eccellenze delle pere della Sardegna, con caratteristiche uniche che è bene conoscere.
La Camusina, una delle pere sarde più apprezzate, viene raccolta tra giugno e luglio ed è una pera rustica particolarmente piccola, con buccia giallo-verde arrossata sul lato più esposto al sole, consistenza soda e succosa e sapore molto dolce.
La Olzale, un’altra varietà tipica di pera della Sardegna, ha una buccia dura e coriacea che, a piena maturità, assume una tonalità molto scura, quasi nera, e un sapore astringente e asprigno. Non viene consumata appena raccolta, ma è lasciata riposare a lungo tra la paglia in modo da far ammorbidire la polpa e permettere all’elevata percentuale di tannini di trasformarsi in zuccheri, rendendola più gradevole al palato.
Viene chiamata “pera della longevità”, perché le sue caratteristiche organolettiche sono spesso associate al segreto della lunga vita dei centenari sardi.

La pera Mandorlino, dalle dimensioni variabili tra 1,5 e 4 cm di diametro e dalla buccia che assume tonalità dal giallo-verde al bruno-giallognolo tendente allo scuro, è aspra e viene raccolta tra ottobre e novembre. Si consuma a piena maturità, quando la polpa diventa meno tannica e più dolce.
Infine, la pera selvatica sarda, chiamata pirastu, è un frutto antico che cresce spontaneamente nei territori dell’isola. Si raccoglie a fine estate/inizio autunno, ha forma rotondeggiante, un po’ schiacciata, e una buccia verde da acerba e rugginosa a maturazione.
La polpa, croccante, granulosa e piuttosto resistente, non si presta molto al consumo a crudo, pertanto si predilige cuocerla in acqua o vino, con aggiunta di zucchero e spezie, come cannella o chiodi di garofano.
Queste pere della Sardegna, più povere di zuccheri e calorie rispetto a tante altre tipologie dello stesso frutto, sono però ricchissime di vitamine, sali minerali, acidi organici (come acido malico e acido citrico) dal potere energetico e fibre.
Le pere sarde vengono impiegate in numerose ricette tradizionali, seguendo ancora oggi metodi tramandati di generazione in generazione: dalla mostarda alla conserva, dalla pilarda de pira (pere divise a metà e lasciate asciugare e maturare all’aria aperta, sotto il sole estivo, per una decina di giorni o più finché avvizziscono e il fruttosio emerge in superficie caramellandole naturalmente) alle pire in cuffittu (i frutti, disposti in grandi vasi, si coprono con acqua che ha bollito con aceto e si conservano al buio).
Ricetta: pere al forno con ricotta, noci e miele
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Scritto da Redazione
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