Lo spreco alimentare è quel fenomeno che, “per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo”, vede finire nel bidone della spazzatura enormi quantità di cibo, che avrebbe potuto essere consumato, sia perché nutriente sia perché ancora potenzialmente gustoso e gratificante, se impiegato con accortezza.
Si tratta di avanzi dei pasti preparati, di parti scartate anche se commestibili, di prodotti giunti alla data di scadenza, di frutta e verdura non più fresche o di pezzatura ridotta o ancora dall’aspetto ritenuto “difettoso”. Contrastare lo spreco alimentare, nelle diverse forme che può assumere, equivale a risparmiare risorse, con effetti positivi sui costi domestici, ma anche con benefici che possono essere misurati su una scala sempre più grande, fino alla garanzia della sicurezza alimentare per un maggior numero di persone e alla tutela dell’ambiente.
Spreco alimentare: i dati europei
In Europa, lo spreco alimentare corrisponde a una media di 59 milioni di tonnellate annue, pari a circa 131 kg pro capite. Un dato che però cela le gravi disuguaglianze nell’accesso al cibo da parte dei cittadini europei, con 32,6 milioni di persone che per 15 giorni al mese non riescono ad assicurarsi un pasto adeguato e nutriente.
Ma dove si annida lo spreco di cibo in Europa? I più recenti dati elaborati da Eurostat individuano il 53% degli sprechi alimentari a livello domestico, il 7% nei punti vendita, il 9% nei ristoranti, l’11% nella produzione primaria e il 20% nella filiera della trasformazione. Frutta, verdura, cereali, carne e patate gli alimenti più sprecati. In termini economici, il valore complessivo del cibo buttato via a livello europeo viene stimato intorno ai 132 miliardi di euro; sul piano degli effetti sul clima, invece, è responsabile dell’emissione di ben 252 milioni di tonnellate di CO2, circa il 16% dei gas serra generati da tutto il sistema alimentare dell’UE.
Lo spreco alimentare in Italia
Il Report 2023 di Waste Watcher International Observatory on Food and Sustainability relativo allo spreco alimentare nel nostro Paese contiene alcuni dati incoraggianti, a partire dalla riduzione del 12% dello spreco domestico di cibo rispetto all’indagine precedente.
Gli italiani, complici l’inflazione e la contrazione dei consumi, oltre alla cresciuta consapevolezza, stanno adottando sempre di più comportamenti ispirati alla pianificazione degli acquisti e al contrasto agli sprechi alimentari.
Il risultato è che nel 2022 abbiamo gettato 524,1 g di cibo pro capite alla settimana, collocandoci ben al di sotto della media europea. Ma anche così si parla di più di 4,2 milioni di tonnellate di alimenti, per un valore di 9,3 miliardi di euro, considerando l’intera filiera dell’agroalimentare, dal campo alla tavola, in cui il consumatore finale si rende responsabile della quota maggiore della perdita (6,48 miliardi di euro annui).
Spreco alimentare: che cosa si può fare? Alcuni consigli utili
Se una buona metà dello spreco alimentare si realizza nelle nostre case, significa che l’impegno di ciascuno può davvero fare la differenza, e non solo per il risparmio individuale, ma anche come buona pratica di cittadinanza. E nel passare dalle intenzioni ai fatti, può essere utile orientarsi secondo la definizione proposta dal Waste Resources Action Program (WRAP), che distingue tra spreco alimentare evitabile e quello possibilmente evitabile.
Il pane non più fresco, le mele ammaccate, l’insalata appassita, la carne andata oltre la possibilità di conservazione, lo yogurt scaduto, questi sono solo alcuni esempi concreti di spreco alimentare evitabile, a patto di dedicare un po’ di cura e di attenzione. Come? Basta adottare semplici strategie, quali controllare sempre le date di scadenza, collocare gli alimenti nel frigorifero alla giusta temperatura e in modo da ritrovarsi davanti quelli che devono essere consumati per primi, pianificare gli acquisti in base alle esigenze effettive, cuocere i cibi per fermarne il deperimento, o ancora surgelarli se acquistati in sovrappiù. (VIDEO realizzato da Eufic, Consiglio europeo di informazione sull’alimentazione, organizzazione no profit orientata al consumatore).
C’è poi lo spreco alimentare possibilmente evitabile, ossia quel cibo che alcune persone sono abituate a consumare e altre no, come le croste del pane, oppure quegli scarti che potrebbero essere mangiati se cucinati, come, per esempio, la buccia di patate, ma anche l’osso del macellaio, ottimo per il brodo, o ancora i baccelli dei piselli, squisiti se lessati e frullati.
Qui occorre mettere in gioco un po’ di tempo in più, fare ricorso a un pizzico di creatività e alla conoscenza della ricchissima tradizione anti-spreco della cucina italiana, popolare per eccellenza nelle sue radici contadine e marinare, e, soprattutto, rendere la sobrietà delle abitudini un tratto di stile personale e familiare e di ritrovata convivialità.
I nuovi obiettivi dell’Unione europea per la lotta allo spreco alimentare
Date le proporzioni preoccupanti del fenomeno negli Stati membri, la Commissione europea ha messo in agenda una riforma della Direttiva sui rifiuti alimentari. L’obiettivo individuato per il 2030 consiste nel taglio del 30% dello spreco in ristoranti, mense e famiglie, e del 10% nell’industria alimentare. Come strumenti, una gamma articolata di misure e l’avvio e la diffusione sempre più mirata e capillare di campagne di informazione.
Non mancano tuttavia alcuni elementi di criticità, sia perché il traguardo appare ridotto rispetto al dimezzamento secco proposto dall’Agenda 2030 dell’ONU, sia perché resterebbero fuori dai provvedimenti i produttori primari. Ma agricoltori e allevatori, anch’essi responsabili di una quota di spreco, sono soprattutto gli attori fondamentali nella definizione di quelle buone pratiche di economia circolare che possono indirizzare ad altre filiere produttive sottoprodotti o scarti della produzione primaria, riducendo così all’origine la perdita di cibo grazie alla trasformazione in risorsa di quello che sarebbe stato solo un rifiuto da smaltire.
Il 29 settembre di ogni anno si celebra la Giornata Internazionale della Consapevolezza sugli Sprechi e le Perdite Alimentari, promossa dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e dal Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP) proprio con l’obiettivo di ridurre del 50% lo spreco alimentare pro capite (Obiettivo 12 dell’Agenda 2030 dell’ONU). Per l’occasione, stendere il proprio piano anti-spreco domestico può essere una buona idea per rispettare tutti insieme il cibo, il lavoro e la natura da cui proviene.
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Scritto da Claudia Ceccarelli
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