“Il Carnaroli è l’unico riso che ascolta il cuoco“: parola di Gualtiero Marchesi. Il maestro della cucina italiana lo considerava un ingrediente che “restituisce poesia a chi sa trattarlo con rispetto”. Più di recente Carlo Cracco: “È il riso che non tradisce, ha una tenuta unica e un’anima gentile.
La nascita del riso Carnaroli: un’eccellenza italiana

Come per tutti i miti, l’origine del riso Carnaroli è incerta, l’anagrafe difficoltosa. La vulgata ufficiale lo colloca nel 1945, quando l’agronomo Emiliano Carnaroli, allora commissario governativo dell’Ente Nazionale Risi, riconobbe e certificò il lavoro fatto in alcune risaie a Paullo, a pochi chilometri da Milano, appartenenti a Ettore De Vecchi che, con i suoi agronomi, ottenne questa varietà incrociando due risi pregiati: il Vialone e il Lencino. Il risultato fu considerato subito molto interessante: un chicco più lungo, diverso dal più comune riso Arborio, contenente più amido (amilosio), dalla consistenza più soda e dalla struttura compatta. Tutte queste caratteristiche gli conferivano una proprietà eccezionale e ambivalente. Teneva molto di più la cottura, praticamente era impossibile da scuocere, e aveva una maggiore capacità di assorbire i condimenti e di legare i sapori. Era nato un super-riso e la gastronomia fece presto ad accorgersene e a elevare questa tipologia di riso nell’eccellenza. Nel tempo il Carnaroli si è guadagnato la definizione di “superfino” e il titolo di “Re dei risi”.
Perché il Carnaroli è considerato il re dei risi
Il chicco del Carnaroli, più grosso rispetto ad altre varietà, ha un alto contenuto di amido (in particolare di amilosio), caratteristica che garantisce una mantecatura perfetta senza che il riso scuocia o perda consistenza e in più gli dona la capacità di creare creme e legature saporite e intense. Per questo è il preferito dagli chef, soprattutto per risotti cremosi ma al dente.
80 anni di storia e tradizione del Carnaroli
Per anni il riso Carnaroli fu un segreto ben custodito, coltivato da pochi agricoltori e scelto solo da cuochi che volevano distinguersi. Era il riso dell’élite: chicco grande, elegante, perfetto per risotti sontuosi, ma troppo delicato e costoso per le cucine di massa. Nelle trattorie e nelle case si continuavano a usare Arborio, Roma, Balilla: varietà affidabili, più produttive e, soprattutto, più economiche. Nel 1974 arrivò un primo riconoscimento: il Carnaroli, con già quasi trent’anni di esperienza sulle spalle, venne iscritto ufficialmente nel Registro Nazionale delle Varietà, guadagnandosi un posto ufficiale tra le eccellenze dell’agricoltura italiana. Poi, tra la fine degli anni Settanta e gli Ottanta, la voce cominciò a circolare. I cuochi ne parlavano nei mercati, nelle cucine delle grandi città e nelle scuole alberghiere. Negli anni Novanta, il Carnaroli era ormai il riso che faceva la differenza tra un piatto qualsiasi e un piatto d’autore e con l’aumento della domanda arrivò anche l’inflazione di etichette. Nacquero ibridi, varianti, nomi simili. Il chicco poteva assomigliare al Carnaroli, ma non aveva la stessa anima.
Come cucinare il riso Carnaroli: consigli da esperti



La prima regola per cucinare il Carnaroli? Non lavarlo. Il suo amido è prezioso e va conservato. La seconda: tostarlo con cura. Una buona tostatura fa da base alla tenuta in cottura. Terza regola: brodo sempre caldo e aggiunto poco alla volta. Ma il vero segreto sta nella mantecatura, da fare fuori dal fuoco, con burro freddo e, se serve, una spolverata di Parmigiano. Chef come Barbieri, Bottura, Cracco e Oldani ormai non hanno altro riso all’infuori di lui.
Carnaroli oggi: sostenibilità e innovazione
Nel 2025 parlare di riso vuol dire anche parlare di ambiente. Le aziende agricole che coltivano Carnaroli stanno adottando pratiche sempre più attente: rotazione colturale, uso razionale dell’acqua, tecniche a basso impatto e recupero delle varietà storiche. In alcune risaie si sperimenta la coltivazione biologica, mentre altre puntano su blockchain e tracciabilità totale. Innovazione e tradizione si incontrano per garantire un futuro al riso italiano pregiato.
Ricette iconiche con il riso Carnaroli
Quando si parla di risotto, è difficile non pensare al risotto alla milanese, con zafferano e midollo. Ma il Carnaroli si adatta anche a preparazioni meno classiche: risotto alle erbe selvatiche, alla barbabietola, al limone e gamberi rossi. Tra le ricette più amate dagli chef ci sono il risotto al tartufo bianco, quello al Castelmagno con pere e noci, o il “risotto cacio e pepe” in versione gourmet. Il suo equilibrio tra cremosità e mordente lo rende ideale anche per ricette dolci, come il risolatte.
Risotto alla milanese con ossobuco
Risotto cacio e pepe con lime e gambero rosso
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Scritto da Giovanni Franchini
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