Viaggio in un ciclo virtuoso tra innovazione, riso sostenibile, economia circolare e nuove filiere sostenibili. Dalla paglia alla pula, dalla lolla all’acqua di cottura: tutta la filiera del riso può essere recuperata, trasformata e reintrodotta nel ciclo produttivo. È così che nasce l’economia circolare del riso, un modello concreto e replicabile, sperimentando un’economia circolare reale, rilevante e misurabile.
Dove il riso non si spreca: l’Italia dei progetti sostenibili
Se in cucina siamo abituati a pensare al riso come a un alimento duttile e capace di risolvere il pranzo con eleganza e semplicità, nella sua dimensione agricola e industriale il riso italiano è ormai un esempio virtuoso di riso sostenibile. A Vercelli, Novara, Pavia, ma anche nel Delta del Po e nel Veronese, si moltiplicano da anni i progetti che valorizzano ogni parte del chicco e ciò che gli ruota intorno. È qui che la cultura del non spreco incontra l’innovazione scientifica.
Lolla, paglia e biomattoni: costruire case partendo dal riso
La lolla è il rivestimento esterno del chicco, e se fino a pochi anni fa rappresentava un rifiuto da smaltire in discarica, oggi viene impiegata in diversi modi come materia prima per numerose produzioni: dall’energia rinnovabile prodotta nei biodigestori, al suo impiego per produrre silice amorfa, un materiale usato nei settori più disparati, dalla cosmesi alla componentistica industriale. Ma non solo: la Startup RiceHouse, fondata da Tiziana Monterisi, ha messo a punto un metodo per utilizzare la lolla e la paglia di riso come materiali da costruzione naturali, traspiranti ed efficienti. Case in riso, letteralmente. Con strutture in biomattoni, intonaci e pannelli isolanti derivati dal campo.
Questo è uno degli esempi più innovativi di utilizzo degli scarti del riso in chiave architettonica e sostenibile.

Antiossidanti e integratori: quando lo scarto diventa salute
L’altro elemento chiave nel riciclo della lavorazione del riso si chiama pula. Il secondo strato dopo la lolla, un rivestimento più sottile che copre il chicco già sbramato. Viene eliminata nel processo successivo (sbiancatura), per ottenere il riso bianco. Nei laboratori dell’Ente Nazionale Risi, ma anche nelle università italiane (Torino, Pavia, Padova), si sono posti il problema di evitare il rifiuto e di individuare possibili impieghi di questo materiale. Ed ecco che la ricerca ha trovato il modo per estrarre dalla pula una serie di composti bioattivi: antiossidanti, vitamine e fibre alimentari che possono essere utilizzati per arricchire prodotti nutraceutici o integratori.
Anche in questo caso, l’utilizzo degli scarti del riso diventa parte integrante dell’economia circolare riso, riducendo l’impatto ambientale e aumentando il valore della filiera.
Bellezza e cura personale: l’acqua di riso torna protagonista
Un altro fronte su cui la ricerca sta lavorando è dal lato consumer. Oggi tutti noi buttiamo via l’acqua di cottura del riso, ma potrebbe arrivare il giorno in cui ci chiederanno di conservarla in appositi contenitori da conferire in seguito. L’acqua di cottura, infatti, è ora considerata una risorsa cosmetica naturale: tonificante, riequilibrante, ricca di amido. Alcune aziende stanno esplorando l’uso dell’acqua di riso fermentata in prodotti per la cura della pelle e dei capelli, recuperando saperi antichi e reinventandoli in chiave moderna.
Una risorsa preziosa che rafforza il concetto di riso sostenibile anche nell’ambito della cosmetica.

Bioplastiche, biofilm e packaging compostabili: la sfida agli imballaggi
Un altro fronte interessante è quello dei biofilm: materiali biodegradabili creati a partire dagli scarti amidacei del riso, che possono sostituire la plastica in molti ambiti. Alcune startup italiane stanno già brevettando pellicole alimentari compostabili derivate dall’amido di riso, che promettono di ridurre l’impatto ambientale degli imballaggi nel settore agroalimentare.
Questi progetti dimostrano come l’economia circolare riso possa entrare concretamente nel settore del packaging sostenibile.
Design, moda e compost: nuovi mondi nati da un chicco
Non mancano nemmeno gli esempi nel mondo del design. Alcuni brand artigianali italiani stanno usando la lolla carbonizzata per produrre oggetti di arredo e accessori con un’estetica materica, scura, suggestiva. Oggetti nati da un campo di riso, che portano con sé una storia di trasformazione e bellezza sostenibile. E poi c’è il compost, ovvero il ritorno del riso alla terra. Alcune aziende agricole del distretto risicolo piemontese e lombardo hanno chiuso il ciclo: tutto ciò che non può essere valorizzato in altri modi viene compostato e utilizzato per arricchire i terreni di semina, riducendo il bisogno di fertilizzanti chimici.
Una materia prima per il futuro, tra politiche e innovazione
In questo scenario dinamico, anche il comparto della moda ha cominciato a guardare al riso con occhi diversi. Alcuni laboratori tessili sperimentano filati ricavati da residui cellulosici del riso per realizzare tessuti tecnici e sostenibili. È una nicchia, certo, ma segnala quanto il valore del riso stia superando i confini dell’alimentazione per diventare materia prima versatile in molti settori. Il tutto si muove in una cornice normativa che, seppur ancora in evoluzione, comincia a riconoscere il valore degli scarti agricoli. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ha messo nero su bianco l’importanza delle filiere circolari in agricoltura, destinando fondi specifici a progetti di valorizzazione degli scarti agroindustriali. E la filiera del riso, per dimensioni e rilevanza economica, è tra quelle più osservate.
E la filiera del riso, grazie al suo potenziale di economia circolare e al crescente impegno verso un riso sostenibile, è oggi tra le più osservate e promettenti nel panorama agricolo europeo.
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Scritto da Giovanni Franchini
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