Poche cucine al mondo sono ricche e dense di storia e tradizioni come quella siciliana. Nel corso dei secoli le varie dominazioni hanno introdotto materie prime e preparazioni tra le più varie, a loro volta derivazione di culture millenarie. I Greci con l’arte del vino e dell’olio, i Romani con la coltivazione del grano, gli Arabi con il riso, la frutta, le spezie, i Normanni con la carne e gli Spagnoli con i prodotti dal Nuovo Mondo come il cacao, mais, peperoni e pomodori. Per secoli queste culture e influenze si sono incontrate e mischiate più e più volte, dando vita a una cucina che oggi è un mosaico formidabile di gusto e sapore unici. E di conseguenza anche la cucina del riuso siciliana offre mille combinazioni per produrre altri piatti dagli avanzi dei precedenti.



Cominciamo dai capperi
L’antispreco siciliano inizia dalle specialità locali, come nel caso del cappero delle isole Eolie che cresce spontaneo fra le rocce. Mentre il cappero, il bocciolo del fiore, è utilizzato come primizia a sé stante, le bacche oblunghe e consistenti, i cosiddetti cucunci, diventano elemento principale di un piatto che li combina con il pane caliatu o raffermo, condito con acqua, sale, olio, menta e limone, per dar vita all’insalata di cucunci.
Il pane si fa caliatu, conzato e fritto
Ma il pane non è solo caliatu. Può anche essere conzato, passione del Commissario Montalbano nei romanzi di Andrea Camilleri. Per “canzarlo” il pane si bagna con acqua per ammorbidirlo per poi irrorarlo con abbondante olio EVO. Si aggiungono pomodori tagliati a pezzi e foglie di basilico spezzettate e, dopo aver salato e pepato, si uniscono capperi e olive, patate lesse tagliate a pezzetti e si lascia riposare per circa mezz’ora con altro basilico. Montalbano ne andava pazzo. Il pane può essere anche fritto, riusando il pangrattato e l’uovo, residuati da altri utilizzi (la panatura di carni, per esempio).
…e poi arrivano panzanelle e arancini
E sempre in tema di insalate, si segnala la celebre panzanella, l’insalata di pane raffermo con cipolla rossa, basilico, olio, aceto e sale, qui si chiama “Panzaneddra”: la città di Piazza Armerina ne vanta addirittura l’invenzione grazie al Duca Alfio Panzanella, che la importò dai suoi viaggi, con grande successo. Ma in Sicilia non c’è piatto che sintetizzi e simboleggi la tradizione del riuso meglio di Sua Maestà l’arancino – o arancina. Partendo dal riso avanzato, l’arancino si presta a mille ripieni e composizioni, tutte di riciclo. Dalla carne e dal ragù avanzati, alle verdure cotte come zucchine, peperoni o melanzane, dal formaggio – mozzarella, provola, caciocavallo – alle lenticchie, ceci e fagioli, fino al pesce e crostacei, qualunque avanzo può diventare gustoso ripieno di un arancino, e generare un altro pranzo.
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Scritto da Redazione
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