Con il termine “topinambur” si indica sia la pianta Helianthus tuberosus – originaria di America del Nord e Canada, ma oggi molto diffusa anche in Italia, in luoghi umidi e soleggiati nei pressi di corsi d’acqua – sia il tubero che si origina alla base del fusto.
Già nel prendere in considerazione questi due estremi, la pianta aerea e il rizoma sotterraneo, vengono fuori caratteristiche intrinsecamente contrastanti: la luminosità e la delicatezza dei vivaci fiori gialli, simili a piccoli girasoli, si contrappongono al tubero, ctonio, nodoso e bitorzoluto.
Ma le controversie e le vicissitudini che hanno visto protagonista il topinambur nel corso della storia non finiscono qui.
Vicissitudini linguistiche: uno, dieci, cento nomi
Il topinambur, che in quanto preso in prestito dal francese topinambour si legge con l’accento sulla u, è chiamato in tanti modi diversi: girasole tuberoso (per via dei fiori), patata del Canada (per via dell’origine), tartufolo (per via della vaga somiglianza estetica con il più pregiato tubero), carciofo di Gerusalemme (per via del nome anglosassone, Jerusalem artichoke, che da un lato si riferisce al suo sapore, simile al carciofo, ma dall’altro nulla ha a che vedere con la città sacra e deriverebbe da una sorta di telefono senza fili della parola “girasole”, pronunciata con accento inglese e, come spesso accade nel gioco, mal riferita), rapa tedesca (per via imperscrutabile, in quanto non ha niente a che fare con la famiglia delle rape, né, pare, con la Germania).
Come dall’originario nome chiquebi si arrivi all’attuale, ha un che di leggendario: il termine topinambour deriva probabilmente dalla distorsione del nome della tribù indigena brasiliana dei Tupinamba, per un bizzarro incrocio tra il successo della loro esibizione alla corte del re Luigi XIII nel 1613 e la concomitante diffusione del tubero.
Vicissitudini sociologiche: topinambur io ti amo, poi ti odio, poi ti amo, poi ti odio e poi ti apprezzo
Quando arrivò in Francia il topinambur ebbe inizialmente discreto successo. Ma solo inizialmente, appunto: il suo fascino esotico, per una serie di elementi che non lo favorirono (anche per il fatto che il termine si attestò in certi ambiti come sinonimo, in senso dispregiativo, di “selvaggio”, in legame con la tribù indigena di cui sopra), finì velocemente dalle tavole dei re e dei nobili alle tavole dei ceti meno abbienti e i nasi all’insù finirono per snobbarlo, consacrandone la fine della popolarità.
Fine che ebbe esito ancor più decisivo all’arrivo della patata, che lo soppianta relegandolo ad alimento per il foraggio animale. Il topinambur è riuscito a prendersi una rivincita durante la Seconda guerra mondiale, quando viene nuovamente consumato vista la difficoltà di reperimento del tubero concorrente, ma, dopo le penurie del periodo, torna a scomparire. È solo negli ultimi decenni che il topinambur si sta, infine e finalmente, rivalutando.
Benefici e proprietà del topinambur.
Il topinambur presenta numerose proprietà benefiche: ricco di sali minerali (potassio, ferro, calcio, magnesio) e vitamine (gruppo A, gruppo C, folati), dal basso indice glicemico e con un apprezzabile contenuto di fibre e di inulina – un glucide che diminuisce l’assorbimento degli zuccheri – è particolarmente indicato per i diabetici e per chi vuole perdere peso. I topinambur aiutano inoltre a rafforzare le difese immunitarie, a ridurre stanchezza e affaticamento e a disintossicare l’organismo.
Come utilizzare il topinambur. Versatile come la patata, ma leggero e delicato come il carciofo.
Dal sapore leggermente dolciastro e aromatico, il topinambur offre in gastronomia una varietà di utilizzo paragonabile a quello della patata, cui somiglia per consistenza e resa, ma può essere consumato anche crudo. Come i carciofi, si ossida al contatto con l’aria, perciò prima di utilizzarlo è meglio immergerlo in acqua acidulata con succo di limone.
È gustosissimo in insalata, con olio, sale e pepe e l’aggiunta, a piacere, di erbe aromatiche, spezie (si sposa divinamente con il timo e con la senape macinata), frutta a guscio tritata, arance pelate al vivo o scaglie di parmigiano e aceto balsamico. Se invece si preferisce consumarlo cotto, si può semplicemente ammorbidirlo al vapore e poi condirlo tal quale o rosolarlo in padella, anche trifolato con aglio e peperoncino, oppure dorarlo al forno, in dadolata o in sfoglie sottili per ottenere delle croccanti chips, o aggiungerlo ad altri ingredienti in una corroborante zuppa, o frullarlo per ottenere una purea, o ancora stufarlo insieme ad altri prodotti di stagione, come zucca, funghi, carciofi, barbabietola. Quale che siano le ricette preferite, è tempo di riscatto per il topinambur: non lasciatevelo scappare!
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Scritto da Laura Colleo
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